Lo Studio si occupa, in sinergia con altre figure professionali, anche di diritto del lavoro.

Le cause di lavoro, spesso, hanno anche altre implicazioni e, sovente, sfociano in procedimenti penali, instaurati dal datore ovvero dal lavoratore.

Nel caso in esame si vuole portare all’attenzione del lettore una pronuncia del Giudice per Indagini Preliminari di Brescia (ordinanza del 19.05.2021), con la quale è stato archiviato un procedimento per furto nei confronti di una lavoratrice, a seguito di denuncia del datore di lavoro.

La dipendente, assistita dallo Studio, lavorava presso una forneria, ma i rapporti tra le parti si incrinavano: poiché la stessa aveva sempre avuto un comportamento sul lavoro irreprensibile, non vi erano motivi che potessero condurre ad un licenziamento per giusta causa.

Il proprietario della forneria, un giorno, chiedeva l’intervento dei Carabinieri, denunciando il fatto che la propria dipendente si era appropriata di alcune somme di denaro dalla casa dell’esercizio commerciale e le aveva riposte nel proprio grembiule.

Le Forze dell’Ordine intervenivano e perquisivano la signora, non trovando nulla sulla sua persona, ma, ciononostante, il datore di lavoro procedeva al licenziamento per “giusta causa”.

Lo Studio proponeva ricorso, nell’interesse della dipendente, al Tribunale di Brescia, sezione Lavoro, al fine di far valere l’illegittimità del licenziamento con reintegrazione nel posto di lavoro nonché il risarcimento dei danni subiti dalla lavoratrice.

Nel frattempo, però, il procedimento penale scaturito dalla denuncia di furto formalizzata dal datore di lavoro seguiva il suo corso ed il Pubblico Ministero formulava richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto (vedasi articolo FURTO AGGRAVATO AL SUPERMERCATO E PARTICOLARE TENUITA’ DEL FATTO — https://avvocatostefanoricci.it/furto-aggravato-al-supermercato-e-particolare-tenuita-del-fatto/) considerato che “valutate le modalità di condotta e l’esiguità del danno e del pericolo che ne sono derivati, valutate ai sensi dell’art. 133 co 1 c.p., il fatto ipotizzato appare esser di particolare tenuità e non connotato da abitualità”.

A tale richiesta si opponeva la lavoratrice, rappresentata e difesa dallo Studio, al fine di far riconoscere come non vi fosse alcuna prova della commissione del furto da parte sua e come la denuncia di furto presentata dal datore fosse poi stata utilizzata per rescindere il contratto.

Questo perché, oltre per amore di verità, una pronuncia di assoluzione o di archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p., lasciano “traccia” nel casellario di chi le riceve e possono esser concesse una sola volta nella vita.

L’Ill.mo GIP di Brescia, sposando la tesi difensiva, rilevava come gli elementi acquisiti non erano sufficienti a ritenere provato che la dipendente avesse commesso il reato di furto: i carabinieri intervenuti non rinvenivano il denaro che sarebbe stato sottratto né nel grembiule “né in altri oggetti a disposizione della donna” e come le circostanze oggettive (i delicatissimi rapporti di lavoro tra le parti, che hanno condotto poi a una causa per illegittimo licenziamento) lasciassero dubitare che quanto “visto dai datori di lavoro corrisponda a quanto accaduto, trattandosi probabilmente di una suggestione determinata da pregressi sospetti nei confronti dell’imputata”.

Ne conseguiva un’ordinanza di archiviazione sì, ma perché non vi erano prove che la lavoratrice avesse commesso il fatto e, quindi, si legge nella pronuncia, in caso di processo penale “l’esito sarebbe assolutorio”.

 

https://avvocatostefanoricci.it/wp-content/uploads/2022/08/Archiviazione-del-Tribunale-di-Brescia-19.05.2021.pdf